Lumaca
Ciao, è probabile che ti sia completamente dimenticat– di questa newsletter, di cui hai ricevuto l’ultimo “numero” l’8 di gennaio, ovvero sei mesi fa.
Ci ho messo sei mesi per decidermi di abbandonare Substack1 in favore di Buttondown? Già.
Trasportare l’archivio da una parte all’altra ha significato ovviamente perdere dei pezzi per strada? Check.
Non ho ancora imparato che scrivere poco, relativamente male, e frequentemente è meglio che stare lì a ricamare su decine di bozze mai pubblicate? Eccomi.
Oggi compio 41 anni e no, non ho particolari perle di saggezza da condividere sul mio primo anno da quarantenne.
Quello che sicuramente non ho imparato è per l’appunto pensare di avere cose più importanti che farmi vivo ogni tanto, poco ma con una certa frequenza — in forma scritta, e non solo.
Quindi ti risparmio il riassunto degli ultimi sei mesi: ho pensato di stare facendo qualcosa di importante, ma no, non è vero, ho tirato a campare in maniera più o meno elegante.
Ti lascio con una citazione e con la playlist delle canzoni a cui ho messo like nei primi 6 mesi di questo 2024 (sì, sono 32 ore di musica) perché almeno della musica ascoltata ho una traccia, dove porti di preciso non si sa.
“An insufficiency in the self, the need to be a snail, leaving a trail of yourself as you move through the world [...] leaving a trail of crumbs to lead you home.”
— William Kentridge
Non sento il bisogno di sottolineare con dettaglio come e perché Substack sia diventato l’ennesimo carrozzone social, stracarico di funzionalità di cui nessuno davvero ha bisogno. Non entro nemmeno sull’ennesima distorsione sulla definizione di “libertà di pensiero” come di “vale tutto”, che piace tanto agli americani (e non solo a loro, a quanto pare).