sistemare i segnalibri #89
Socko! Sono Gualtiero Bertoldi, la scuola è finita, mi sono ciucciato la seconda dose di astrazeneca e non ho avuto nessun minimo effetto collaterale (sono rimasto un po' deluso? Sono rimasto un po' deluso), JEFFREY BEZOS andrà nello spazio prima di Elon Musk, e questi sono i segnalibri da sistemare della settimana.
sistemare i segnalibri
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Louvre - tutte le collezioni digitalizzate del Louvre.
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List of stolen paintings - sì sì, c'è anche il dipinto rubato da Jack Black.
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Nepalese girls' photos - tutte le cose che le donne in Nepal non possono toccare durante il mestruo.
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Great dictators of the world - superato il MACOSACAZ, tag yourself: io sono Mazni.
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What if the Moon was a discoball? - le domande serie, le simulazioni importanti.
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Jerson La Torre - giffine carine.
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Bacchus - un fumetto di Eddie Campbell.
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Animals as leaders - se nel 2009 non stavate ascoltando progressive instrumental djent rock metal, io allora boh, proprio non so.
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Shakespeare Plays Given Tabloid Twist - forest fairies fiasco!
questa volta: *gif che mancavano
(un piccolo monografico su Inside di Bo Burnham)
il pezzo: Inside [medio]
Ancora Bo Burnham, ancora Inside. Prima premessa: lo abbiamo già visto tutti, e se n'è già scritto parecchio: dal come sia un prodotto che finalmente inizi a scalfire in maniera significativa l'anno e passa di lockdown mondiale che ci siamo sorbiti, al valore tecnico dell'autoproduzione (sorta di tardo apice testamentario della prima generazione di youtubers, ovvero quella che iniziò subito a usare la piattaforma nel 2006 e che sfondò poi in altri media fra il 2008 e il 2012 - senza contare l'altrettanto sapiente uso di Vine), al fatto che, ok, non è perfetto, però nel suo meccanismo metanarrativo è strepitoso. Cosa, quest'ultima, sulla quale vorrei soffermarmi. Non prima di una seconda premessa, ovvero: fa ridere? Sì e no, qua e là. Troppo poco, forse. E anche nel comparto produttivo e linguistico il campo non è poi così ricco: Burnham conosce bene i propri mezzi, ma alla fine utilizza sempre due o tre trucchetti, e non si spinge oltre - certo, volutamente, sfacciatamente, ma purtroppo davvero troppo letteralmente (li cito alla rinfusa: il continuo alternarsi di zoom in e out, lo sguardo oltre o in camera, lo spazio della stanza nel quale si accumula in maniera progressiva e caotica il materiale tecnico, parallelo anche qui scopertissimo con la propria condizione psicologica).
Burnham, in Inside, si è lasciato alle spalle parecchio dell'umorismo demenziale-osservativo del passato, e ha preferito dedicarsi al commento metanarrativo dei propri meccanismi comici, tant'è vero che molti dei pezzi che compongono lo speciale non hanno una vera e propria specificità storica (White woman's Instagram, ad esempio, mutatis mutandis potrebbe essere tranquillamente stato White woman's Flickr nel 2006, o White woman's Tumblr nel 2012 - non mette in luce niente di nuovo, non scoperchia nessun stereotipo social, fa ridere, sì, ma a proposito di qualcosa di già stigmatizzato). Cos'è, allora, che funziona, che rende quest'ora e mezza degna di essere guardata? Per quanto mi riguarda è un unico passaggio, ma così ben fatto, così ben eseguito e significativo che spinge in secondo piano tutto il resto.
Nel primo pezzo, quello in cui, ancora tutto ridanciano e sgambettante, Burnham prova a giustificare il seguito dell'opera, o, più in generale, il fare battute in una situazione grave, canta: "If you wake up in a house that's full of smoke, don't panic, call me and I'll tell you a joke. [...] Oh shit, should I be joking at a time like this?" passaggio che non fa altro che mettere per la prima volta in mostra il meccanismo metanarrativo sopracitato. Negli ultimi minuti dello speciale, però, nel medley che lo chiude, Burnham riprende il verso e lo rigira così: "If I wake up in a house that's full of smoke, I'll panic, so call me up and tell me a joke. [...] Oh shit, you're really joking at a time like this." traslando con efficacia sulla propria fobia personale quella che sembrava essere una generica situazione beffarda, usando il meccanismo metanarrativo non più solo come auto-accondiscendente strizzatina d'occhio a se stesso e al proprio pubblico, ma come circuito nel quale l'individuo ricade in continuazione, trovandosi così a fare esperienza, e rivelando in ultima analisi la vera potenza, l'autentica specificità del comico (o, almeno, del comico così come sembra intenderlo Burnham): un momento di tregua straniante nel tragico continuo della vita. Cosa che non salverà certo la situazione, ma che offre un minimo appiglio nell'attesa di poter tornare là fuori.
EFFINEFFIN. Non prima del miglior crossover che non è mai stato fatto (o, Pink Guy, quanto saresti utile in questi grami tempi):


e dei soliti:
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