sistemare i segnalibri logo

sistemare i segnalibri

Subscribe
Archives
January 14, 2021

sistemare i segnalibri #62

Siock! Sono Gualtiero Bertoldi, i toscani hanno devastato questo paese (un’altra volta), non ho più la benché minima idea della zona nella quale mi trovo, e questi sono i segnalibri da sistemare della settimana.


sistemare i segnalibri

  1. QAnon - il più famigerato movimento cospirazional-complottista del momento analizzato da un game designer.

  2. Frazzledrip - sempre a proposito di teorie cospirazioniste (e loro ruolo nel dibattito pubblico), ve la ricordate questa? (spero per voi di no) (e no, non gugolate, limitatevi all’articolo) (davvero)

  3. Corrupted Blood incident - quando le piaghe erano (quasi) solo digitali.

  4. The English Language Needs an Update - a milioni di studenti piace questo elemento.

  5. Terms of service - quanto tempo ci metteremmo, se ci mettessimo a leggere per intero i termini di servizio dei maggiori fornitori di servizi on-line? (via l’egregio Visual Capitalist)

  6. Bad astronomy - direttamente dai primi anni 00, tutto quello che cicchiamo quando parliamo di astronomia da profani (lunghe, notevoli e nerdosissime le disamine cinematografiche a riguardo).

  7. The Prisoner - altro sito direttamente dagli abissi temporali della rete (dovrebbe risalire al 1997-98). Ah, ovviamente I’M NOT A NUMBER, I’M A FREE MAN.

  8. Pictures from Italian profiles - è sempre bene ricordare che questo profilo instagram esiste.

  9. Arsène Schrauwen - un fumetto di Olivier Schrauwen (avvertenza: vi metterà addosso una voglia irrefrenabile di birra trappista).

  10. LAGHETTO - se nel 2005 non stavate ascoltando experimental post-hardcore punk italiano, io allora boh, proprio non so.

  11. Neko Cafè - caffè. E gatti. Gatti e caffè. Caffegatti. Uno si trova ovviamente a Vicenza E DOVE SE NO.

Non hanno funzionato

  • http://www.anticalcio.com/
  • http://digilander.iol.it/bidoni/

questa volta: un link

A fine/inizio anno di solito si tirano un po’ di somme, e si indicano le cose più importanti nelle quali ci si è imbattuti. Questa volta vado direttamente alla fonte, segnalando il primo testo che studiai all’università, e che divenne subito uno di quei libri che cambiano la vita: l’Introduzione alla linguistica dello Yule (qua nell’edizione più recente, arancione; la mia, del 1997, era la classica blu profondo).


il pezzo: Lo spazio che occupiamo [medio]

Oibò, questa settimana alcune aziende private che operano nel campo della comunicazione e della pubblicità hanno deciso di togliere l’uso del proprio servizio ad alcuni propri utenti: la situazione non è certo nuova (abbiamo tutti avuto un contatto, su un qualche social network, che è scomparso dai due ai trenta giorni - se proprio non siamo stati noi, quelli scomparsi), ed esiste tra l’altro già un po’ di giurisdizione in merito (non ci siamo di certo già dimenticati di come un giudice del Tribunale di Roma, annullando il ban della pagina di casapound, riconobbe l’importanza assunta da facebook per chiunque intendesse partecipare al dibattito pubblico in rapporto all’attuazione di principi cardine dell'ordinamento della Repubblica Italiana, in maniera tale che il rapporto tra facebook e utenti “non è assimilabile al rapporto tra due soggetti privati qualsiasi” - vedi l’ordinanza dell’11 novembre 2019).

Quello che è cambiato in questi giorni è il calibro dei personaggi coinvolti, e mentre non mi straccio certo le vesti costituzionali, italiane o statunitensi che siano, davanti al ban di Trump (fosse stato un utente come un altro, sarebbe stato silenziato molto prima), al contempo non lo considero neppure un semplice affare privato fra piattaforma e singolo utilizzatore. Certo, come è ovvio che sia le aziende coinvolte si sono mosse più per opportunismo economico e politico che non per chissà quale ideale di equità e giustizia (i ban sono avvenuti sì dopo gli eventi di Washington, ma dopo anni di comunicazioni fra il raccapricciante e il criminale, e con presidenza e parlamento a freschissima maggioranza democratica), e la questione non è semplice: non è più solo “il privato fa ciò che vuole”, dal momento che le piattaforme social si sono configurate come degli spazi ibridi fra il crocevia di ring, vetrine, piazze e sagrati, e che gli utenti vi partecipano in numero abnorme, con dinamiche inedite e algoritmi opachi (ma che, in ultima istanza, sono diretti a trattenerci sulla pagina della piattaforma il maggior tempo possibile, non per comunicare, ma per essere esposti a qualche messaggio pubblicitario in più).

Più che altro, il quesito tripartito che mi rigira in testa in questi giorni riguarda quanto del discorso pubblico, in questi anni, abbiamo non solo traslocato, ma demandato a spazi che ce lo garantiscono in base ad accordi che nessuno legge (vedi sopra) e a convenienze pubblicitarie; quanto siamo ora disposti a far sì che il legislatore (e quale) intervenga per regolare il campo; e quanto, infine, siamo ancora in grado di sostenere un dibattito pubblico in maniera appassionata senza rendere lo spazio che occupiamo un luogo cupo e spaventoso.


Fine fine fine fine. Quasi. Non prima di un’altra cosina bellina emersa da tik tok in queste settimane (oddio, ‘sta cosa inizia a preoccuparmi):

e dei soliti:

numeri

1 - 2 - 102,5 - 1

Don't miss what's next. Subscribe to sistemare i segnalibri:
This email brought to you by Buttondown, the easiest way to start and grow your newsletter.