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June 11, 2020

sistemare i segnalibri #38

Osu! Sono Gualtiero Bertoldi, io e miei colleghi abbiamo appena ammesso alle classi successive tutti tutti, per quanto riguarda le statue mi stupisco che quella di Montanelli a Milano sia ancora lì, uè, zii, dai, quanto ci vuole?, e questi sono i segnalibri da sistemare della settimana.


sistemare i segnalibri

  1. Virgil Finlay - un po’ di immagini pulp fantasy, sci-fi, e horror di questo prolifico illustratore statunitense (anche su flickr il suo tag è ben popolato).

  2. Morgellons - uno dei più famigerati esempi di parassitosi allucinatoria.

  3. Abbreviazioni - da usare nella corrispondenza.

  4. History of moonshine - un po’ di storia alcolica.

  5. Panini - una enciclopedia minima illustrata.

  6. Il colore - sulla pellicola.

  7. Pipenet - ci fu un breve periodo, a cavallo fra il 2017 e il 2018, in cui una buona fetta dei giornali italiani si sdilinquirono per un fantomatico ritorno della posta pneumatica. E poi, già, non se ne seppe più niente.

  8. Fightsprites - gif combattive.

  9. Cyborg Jiichan G - un manga di Takeshi Obata e Shigeru Hijikata.

  10. Gojira - se nel 2008 non stavate ascoltando technical progressive groove death metal, io allora boh, proprio non so.

  11. New time machines - un thread su twitter nel quale si illustrano vari orologi e calendari alternativi a quelli classici.

Non hanno funzionato

  • https://cinephilearchive.tumblr.com/post/56719060988


questa volta: canzoni disegnate male


il racconto: Popular Mechanics, di Raymond Carver (nella traduzione di Riccardo Duranti)

Durante il giorno era uscito il sole e la neve si era sciolta in acqua sporca. Ora scorreva in rivoletti sulla finestrella ad altezza spalla che dava sul retro. In strada le macchine passavano frusciando nella poltiglia. Si stava facendo sempre piú buio, sia dentro che fuori.

Lui era in camera da letto e cacciava dei vestiti in valigia quando lei apparve sulla soglia.

Sono proprio contenta che te ne vai! Sono proprio contenta!, disse. Mi senti?

Lui continuò a mettere le sue cose in valigia e neanche alzò la testa.

Brutto figlio di puttana! Sono proprio contenta che te ne vai! Scoppiò a piangere. Non hai nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia, vero? Poi notò la foto del bambino poggiata sul letto e la prese.

Lui la guardò e lei si asciugò le lacrime e lo fissò per un po’ prima di voltarsi e di tornare in soggiorno.

Riportala qua.

Pigliati la tua roba e levati di torno, disse lei.

Lui non rispose. Chiuse la valigia, si mise la giacca, si guardò intorno in camera da letto prima di spegnere la luce. Poi andò in soggiorno. Lei era in piedi sulla soglia della piccola cucina, con il bambino in braccio.

Voglio il bambino, disse lui.

Ma sei matto?

No, ma voglio il bambino. Farò venire qualcuno a prendere le sue cose.

Puoi anche andartene all’inferno. Tu questa creatura non la tocchi.

Il bambino si mise a piangere e lei gli scostò la copertina dalla testa.

Oh-oh, disse, guardando il bambino.

Lui fece un passo verso di lei.

Per l’amor di Dio!, esclamò lei, arretrando nella cucina.

Voglio il bambino.

Vattene via!

Si girò e cercò di tenere il bambino riparato in un angolo dietro la stufa, mentre lui s’avvicinava.

Lui allungò le braccia oltre la stufa e afferrò il bambino.

Lascialo andare, disse.

Va’ via, va’ via!, strillò lei.

Il bambino s’era fatto tutto rosso in faccia e urlava. Nella lotta fecero cadere un vaso di fiori appeso dietro la stufa.

Lui allora la chiuse contro la parete, cercando di farle mollare la presa. Teneva stretto il bambino e spingeva con tutto il peso sul braccio di lei.

Lascialo, le disse.

Smettila, disse lei. Gli fai male!

Lui non disse altro. Dalla finestra della cucina non entrava luce. Nella penombra, con una mano cercava di allentare le dita di lei strette a pugno, mentre con l’altra stringeva il bambino urlante per un braccio, vicino alla spalla.

Lei sentiva le proprie dita aprirsi e il bambino scivolarle via. No!, gridò nel momento in cui le sfuggí la presa. L’avrebbe avuto lei, il bambino che con la faccia paffutella li guardava dalla foto poggiata sul tavolo. Lo afferrò per l’altro braccetto. Riuscí a prenderlo per il polso e si tirò indietro.

Neanche lui voleva cedere. Sentí il bambino scivolargli dalle mani e tirò con forza. Tirò con molta forza.

E cosí la questione fu risolta.


Fatta. Finita. Quasi. Non prima di una immagine mood:

e dei soliti:

numeri

1 - 2 - 99 - 4

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