In questi giorni, durante i miei giri online mi sono imbattuto in due post che parlavano di icone. Uno di Zander Whitehurst che diceva “stop designing custom icons, eccovi un po’ di librerie utili”. Un altro di Vitaly Friedman, su LinkedIn, che raccoglieva una serie di link sul come progettare icone migliori.
Dopo aver scritto questo primo paragrafo mi sono venute in mente varie idee sul come proseguire l’articolo. Ve le riporto sotto. Non ne ho concretizzata nessuna, se continuate a leggere, prendete quello che c’è scritto come un “appunti su un articolo sulle icone”.
Stamattina, dopo aver scritto quel primo paragrafo, ho pensato di proseguire parlandovi della contraddizione, a prima vista, dei due post, per poi proseguire parlando delle icone: cosa sono, a cosa servono, come si usano.
Avevo pure già pronta l’immagine di Scott McCloud, tratta da Capire, pensare e reinventare il fumetto, che diceva: le icone richiedono il nostro coinvolgimento per funzionare.
Mi sentivo ispirato. A un certo punto, in quella bozza, ci avevo messo dentro pure Saussure, la semiotica, il significato e il significante. Mi piaceva l’idea di raccontare come il significato delle icone sia una convenzione e come questa possa cambiare nel tempo, ma poi mi sono fermato.
Mentre cercavo di capire come andare avanti, ho pensato che fosse una buona idea raccontarvi di quando – durante uno dei primi corsi che ho tenuto in Accademia – assegnavo come esercizio la ricostruzione dei segnali stradali. Allora come oggi (anche se allora ne ero meno consapevole), pensavo che il ricopiare fosse fondamentale. Sia per prendere confidenza con gli strumenti dei vari software vettoriali, sia per capire meglio come funzionavano quei segni, ma poi mi sono fermato di nuovo.
Ho poi pensato che uno spunto interessante potesse essere: “ma ci avete fatto caso che queste AI sono in grado di generare immagini incredibilmente dettagliate, ma faticano a creare una semplice icona piatta”. Ho fatto tantissime prove con Dall-E e Firefly, per arrivare a queste immagini sotto.
Visto che c’ero, ho chiesto a ChatGPT perché non fosse in grado di creare icone. Mi ha fornito una risposta lunghissima e molto dettagliata, che non vi riporto. Gli ho chiesto poi di riassumere il tutto in due frasi:
DALL–E utilizza l'intelligenza artificiale per trasformare descrizioni testuali in immagini, cercando di interpretare le richieste in modo visivo. Tuttavia, il modello tende a concentrarsi sull'aspetto artistico e potrebbe non garantire una precisione geometrica rigorosa.
A quel punto mi sono fermato di nuovo. Ho quindi cercato aiuto nei libri. Mi è venuto in mente Jon Hicks, che di mestiere disegna icone, e un suo libro di qualche anno fa, The Icon Handbook. (Lo potete scaricare gratis). All’interno del libro di Hicks c’è una citazione di un’intervista a Susan Kare, che parla di quanto sia stato influente per lei Symbol Sourcebook, di Henry Dreyfuss.
Negli anni ’60, Dreyfuss auspicava un vocabolario grafico comune:
If a system of symbols could be compiled that would be equally recognizable in Lagos and Lapland, perhaps the dream of a universal basic means of communication could be realized.
Molte icone sono delle convenzioni e sono riconoscibili dappertutto, ma, se ci riferiamo al mondo digitale, non mi vengono in mente tantissime icone universali (la casa, il carrello della spesa, la lente di ingrandimento, il cestino).
Sfogliando il libro di Dreyfuss, ho notato poi che le icone avevano sempre una didascalia e mi è venuto in mente un articolo di iA, On Icons, che avevo già ripreso in un altro mio articolo. L’articolo sosteneva che le icone, nonostante siano semplici e attraenti, possono complicare la comprensione e l’interazione. Migliorano l’estetica delle interfacce, ma spesso «offuscano funzioni chiare mascherandole con uno strato di simboli oscuri».
A questo punto non sapevo più come ricollegarmi al primo paragrafo e mi sono fermato definitivamente. Zander Whitehurst diceva semplicemente di non inventare continuamente la ruota. Le icone non sono marchi, non si devono necessariamente distinguere, ma piuttosto informare e aiutare a capire. Vitaly Friedman suggeriva un po’ di risorse per capire meglio come progettarle e quindi come usarle.
Poi un giorno, magari, organizzo meglio questi appunti.