May 6, 2025, 7:07 p.m.

002 – Graphic design is my passion

Dispenser.Design

In un post di qualche anno fa, Tobias van Schneider scriveva: «If you hate everything you’ve ever made, congrats. You’re a designer»1.

Era un post per giovani aspiranti designer. Van Schneider provava a dare un’immagine onesta e realistica del lavoro di designer, fatta spesso di insoddisfazione e autocritica feroce. Quella frase mi è venuta in mente qualche giorno fa leggendo l’articolo di Elizabeth Goodspeed sul perché i grafici non riescono a smettere di scherzare sul fatto che odiano il loro lavoro.

Elizabeth Goodspeed dice che l’ironia serve spesso a proteggersi dal disincanto: «Quando la posta in gioco è così personale, l’indifferenza finta può sembrare l’unica risposta sicura».

L’ironia come autodifesa, dovuto al distacco tra aspettative e realtà. Un distacco che probabilmente nasce durante gli anni di formazione, durante i quali gli studenti, futuri designer, sono incoraggiati a sperimentare e si confrontano, studiandoli, i lavori di leggende del design del passato. Nessuno gli dice quanto il design contemporaneo sia vincolato da performance, strumenti e linee guida. E quanto in realtà il design non sia sempre al centro di tutto.

Goodspeed parla della sensazione di disincanto, Scott Berkun, nel suo nuovo libro Why design is hard, tende una mano ai designer con un “non è colpa tua”.

In qualche modo ci siamo dimenticati che spesso definiamo il design come qualcosa di distinto dall’atto di decidere. Quello che chiamiamo design è perlopiù consulenza.

Secondo Berkun, i designer sono spesso vittime in quello che chiama “la trappola dell’ego”: la convinzione che, in quanto designer, si debba essere l’eroe creativo al centro dell’attenzione e avere il controllo sulle decisioni. Aspettative irrealistiche, che inevitabilmente portano a frustrazione quando le proprie idee vengono ignorate o stravolte.

All’inizio del libro, Berkun riprende il celebre schizzo di Paula Scher per Citibank, disegnato su un pezzo di carta.

The design…is never really the hard part…. It is persuading…people to use it.2

Lo schizzo di Paula Scher per il marchio di Citibank

Leggendo in parallelo Elizabeth Goodspeed e Scott Berkun (che ancora non ho finito) ho avuto la sensazione che si completino a vicenda. Goodspeed descrive l’umore diffuso tra molti designer e ne individua le radici culturali ed emotive. Berkun aggiunge la dimensione organizzativa e produttiva, sottolineando chi ha davvero il potere decisionale, e in qualche modo ci porta a considerare una nuova idea di designer.


Aggiungo due cose dell’articolo di Goodspeed, che meritano di essere condivise. Una frase e un’immagine:

Today, Apple is churning out AI emojis that would make Steve Jobs turn in his grave, and Amazon – the most used website in the world – looks like a bunch of pop-up ads stitched together. Bad design doesn’t appear to hurt their profit margins.

Un meme sui designer a cui piace il design

  1. Tobias van Schneider, Dear young designer ↩

  2. Abstract: The Art of Design, season 1, episode 6, “Paula Scher: Graphic Design,” Netflix ↩

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