Sono io...o c'è della frustrazione?
Ciao!
Questa, ve lo dico subito, non sarà una vera newsletter perché, beh, non c'è nessuna news, anzi, il punto è esattamente che è sempre la solita vecchia storia, e non abbiamo imparato niente.
Ho pensato per giorni a cosa scrivervi dopo la mia prima mail, con la preoccupazione di chi nella testa sente risuonare "il secondo album è sempre il più difficileeee, nella carriera di un artista" ma soprattutto la consapevolezza che mettermi davanti al pc e buttare giù i miei pensieri è sempre un lavoro sfiancante e, a conti fatti, neanche troppo soddisfacente.
Poi, oggi, è successo che tutte le 300 cose di cui mi piacerebbe discutere con voi si sono semplicemente condensate in un blob di frustrazione, e volevo capire se sono solo io o la sensazione è condivisa.
Insomma, non so a voi ma a me l'approvazione del Green Pass ha buttato in uno stato di stanchezza psicologica che è quasi un mood, nel senso che la tentazione è quella di abbracciarla e fregarsene di tutto e tuttu, tanto ormai...
Non penso di doverlo spiegare a voi che leggete questa newsletter, ma giusto per chiarire: sono in attesa della seconda dose, a breve otterrò il pass e non ho nessun problema con l'istituzione dei vaccini in quanto tali. Il mio sconforto non è relativo a come cambierà la mia vita all'atto pratico, né riguarda me nello specifico.
Non starò neanche qui a parlare di tutti i problemi del Green Pass così come è concepito, non sono la persona più adatta né, appunto, quella più colpita da questo tipo di misure. In merito vi consiglio piuttosto di sentire le voci di persone trans come @eloisapics (su Instagram) e di chi a vario titolo non può fare il vaccino o semplicemente non se la sente per ragioni che vanno oltre valutazioni statistiche imprecise (es. categorie di persone che non hanno abbastanza informazioni sulla pericolosità dei vaccini per il loro specifico quadro clinico, tipo quelle in gravidanza).
Ciò che mi spinge a sfogarmi con voi in questo spazio è la sensazione di non aver imparato assolutamente nulla, ma nulla di nulla, da 1 anno e mezzo di pandemia. Come collettività, come istituzioni, come singoli individui che parlano di robe sui social.
Al netto di ciò che si può pensare di questo benedetto Green Pass in termini di efficacia - utile, non utile - mi fa impazzire che le nostre comunità continuino a basare la propria sopravvivenza rispetto al virus, la crisi economica e tutti gli altri problemi che si porta a cascata su un concetto del tutto falsato di responsabilità.
Siamo a luglio 2021 e mi sembra che non ci si sia spostatu di un millimetro da marzo 2020, quando lo Stato scaricava ogni barile scaricabile sul nostro senso di comunità, senza minimamente fare i conti con le disuguaglianze sociali e i bisogni dell'individuo. E noi, ben felici, gli davamo pure ragione.
La discussione sul Pass a me appare surreale, come del resto molte altre nei luoghi digitali che frequento. Famose case editrici ci spiegano che la nostra libertà passa da quella dell'altru, e io mi chiedo: ma stiamo ancora qui? Cioè, è davvero questo che dobbiamo imparare da tutta 'sta storia? Non ce la facciamo ad andare oltre?
Perché a me sembra che la questione Green Pass sia un filino più stratificata della contrapposizione tra "non mi vaccino e mi faccio i cazzi miei" e "sono una brava cittadina e quindi mi vaccino". La seconda frase potrei averla detta io, stando alle mie scelte, ma il Pass mi fa comunque schifo.
A prescindere da tutte le considerazioni sulla violazione della privacy, sulle ripercussioni pratiche per chi si occupa di ospitalità (e che si dovrà sobbarcare il peso di fare un lavoro che non gli compete, del caos organizzativo, dei disagi), dell'ingiustizia subita da chi non ha colpe per non essere vaccinatu etc. mi sembra che questo sia uno strumento fondamentalmente perverso, rispondente a logiche di risposta emergenziale del tutto fuori luogo in una società che dà valore ai suoi membri e alla loro capacità di autodeterminazione, creato non con lo scopo di garantire ambienti sicuri (le persone vaccinate non sono immuni, e un ristorante in cui tuttu hanno il green pass non è un posto necessariamente meno a rischio di contagio) ma di "convincere" le persone a ricorrere al vaccino per non danneggiare la propria vita sociale - l'unica che come sempre viene toccata da questi provvedimenti.
Poi, oh, a me sta bene anche un approccio pragmatico ma sincero: sì, è una porcata ma ha effetto, quindi sono d'accordo. Discutiamone, la purezza ideologica non mi è mai piaciuta. Quello che mi preoccupa è invece la scioltezza con cui accettiamo una narrazione per me degradante, che deresponsabilizza chi invece dovrebbe responsabilizzarsi, e ormai da 1 anno e mezzo.
Continuare a inquadrare la narrazione della campagna vaccinale nel concetto di "scelta responsabile" è la solita vecchia trappola. E non solo per quello che spiega questo post (segnalatomi da Greto, grazie), ma anche perché, semplicemente, non è l'approccio etico/comunitario che può sembrare a prima vista.
Anzi, il Green Pass è, anche a livello di immaginario simbolico, un dispositivo informato dal più puro individualismo, dall'etica della performance, dal sospetto. Sono statu bravu = ottengo il certificato, sono statu cattivu = la befana mi porta il carbone. Lo trovo anche molto infantilizzante, facilitatore ancora una volta di una società in cui le persone che la compongono hanno bisogno di divieti, disciplina e bacchettate sulle mani. E questo a fronte di mesi e mesi di tempo in cui c'era l'opportunità non dico di ripensare il modo in cui viviamo - anche se... - ma almeno quello in cui si organizza il tracciamento dei contagi.
Senza necessariamente abbandonarci a slogan su fantomatiche dittature sanitarie, insomma, mi sento di dire che non c'è bisogno di votare Lega per sentirsi come minimo un po' a disagio in questo scenario.
Vabbè, capisci che sei alla frutta quando ricorri a una gif di Jim Halpert (io odio Jim Halpert) per esprimere uno stato d'animo. Mi sa che è ora di salutarci. Non so che conclusioni possiate o dobbiate trarre da queste righe, a me sono servite a buttare giù dei pensieri volanti e condividerli. Non ho una soluzione, soltanto un profondo senso di disagio e frustrazione, e spero che qualcosa possa venirne fuori. Qualcosa che non sia l'apatia.
Ciao,
Francesca