Pacchetto Vacanze, seghe mentali inclusive
Ciao!
Sono stata in vacanza per un paio di settimane, e per vacanza intendo anche dall'internet, almeno dalla fruizione più "attiva". Ho temporaneamente disattivato Instagram e disinstallato TikTok, ma ho fatto fatica a non entrare dal dekstop almeno su Facebook - che non uso più attivamente e di solito neanche guardo - giusto per un po' di delizioso doomscrolling. Le vecchie abitudini sono dure a morire, soprattutto quando diventano un meccanismo automatico che ti mangia l'anima senza che tu neanche te ne accorga. In realtà io me ne accorgevo, eh. Mi era chiarissimo il fatto che stessi doomscrollando, eppure nei momenti in cui aspettavo che il mio fidanzato mi raggiungesse in auto dopo aver fatto benzina, o mentre era in bagno e non avevo nessunu con cui parlare, e altre situazioni di spesso anche brevissima noia-attesa, non riuscivo a non rivolgermi a qualcosa sul cellulare. Spesso era Farm Heroes Saga, che se avete letto un mio vecchio post sapete essere mio fedele compagno, ma al quinto livello di seguito c'era pur bisogno di qualche variazione.
Un cane stanco in stato di "brevissima noia-attesa"
....Coooomunque, dicevo, sono stata in vacanza e mi andava di raccontarvene qualche spezzone. Potrei farlo su Instagram con una serie di stories, oppure potrei non farlo proprio, ma come dicevo due righe più su "mi va" e mi sembra un modo per condividere con voi - pocu intimu della newsletter - delle riflessioni volanti e qualche foto.
Innanzitutto, una nota di colore sulle vacanze: sono siciliana e la Sicilia è il posto in cui si va a fare vacanza, non da cui si parte per farla. Fino alle medie non avevo incontrato nessunu che effettivamente andasse da qualche altra parte per le ferie, soltanto persone emigrate che tornavano in paese ad agosto, con la loro prole più o meno della mia età che magari arrivava già a giugno-luglio per stare con lu nonnu. Nel mio paese, inoltre, la gente non era particolarmente ricca e le vacanze fuori a me sembravano esclusivamente una roba da ricchi, una cosa super lusso che esisteva solo per i personaggi dei film e i figli dei notai. Per me andare in vacanza significava al massimo "salire" a Roma da mia nonna, passare due settimane nella sua casetta minuscola di Centocelle insieme a lei, mio zio, mia zia e mio cugino (e a seconda di quanti anni avevo, anche il suo fratellino e la sorellina, che sono arrivati dopo), vederlu litigare e lanciarsi posacenere - true story - e non fare manco un vero giro della Città Eterna (tanto che ho visto i suoi spot turistici che avevo già più di 25 anni ed ero andata a Roma da sola, senza dire niente, per un concorso pubblico). Non sono stata in albergo per una vacanza fino al 2012, quando ho fatto un viaggio celebrativo della prima laurea, fyi a Londra e in Scozia. Per me è ancora oggi incredibile scoprire che persone che più o meno appartengono alla mia stessa classe sociale, magari figliu di carabinieri e casalinghe come me, hanno visto un sacco di paesi nel mondo, sono andatu a Santo Domingo per Natale, hanno la maglietta dell'Hard Rock Cafè di New York. Io il passaporto l'ho preso nel 2018 e l'ho usato solo una volta per andare a Istanbul, dove per altro manco serviva.
Non so perché vi ho raccontato questa storia, forse perché il mio essere cambiata e cresciuta, negli anni, si è sempre riflesso molto nel modo in cui viaggio o mi piacerebbe viaggiare. Nella fase che vi ho appena descritto, partire per un viaggio VERO sembrava un privilegio incredibile: la mia compagna delle medie che era andata in Finlandia in estate mi pareva la persona più fortunata del mondo e anche la più stupida, perché aveva passato tutto il tempo a piangere per non poter fare il bagno tutti i giorni con lu amicu in Sicilia. Io amicu non ne avevo quindi non capivo proprio dove stesse il problema. Quando sono arrivatu, per quanto un po' fasullu, per quanto un po' bullettu, ho capito tutto: il Bacardi in spiaggia, il falò di ferragosto, il torneo di pallavolo e le serate in piazza erano l'unica vacanza che volevo.
Taglio corto perché non penso vi interessi tutta la mia vita (anche se ci sono storie che ho scoperto essere particolarmente appassionanti per chi le scopre, tipo il fatto che a un certo punto sono stata una miss di bellezza e perfino una majorette - giuro, è successo davvero) e passo quindi velocemente a quest'ultima vacanza, e a cosa mi ha fatto pensare.
Io che penso
Per la prima volta da quando ho iniziato a fare la freelance mi sono presa due settimane di "ferie-non ferie", che dovevano essere così distribuite: la prima in montagna, con un piccolo gruppetto composto da me, il mio fidanzato, il nostro amico Tristan (che sicuramente voi che leggete conoscete già, in quanto nuovo punto di riferimento del gggiender su Instagram) e il mio cagnolino Mushu, più una al mare con lo stesso gruppo meno Tristan, che putroppo doveva tornare a Milano.
Aspettavo con ansia soprattutto la prima parte, e non solo perché odio il caldo e temevo quindi la seconda - a ben vedere, ho poi scoperto - ma anche perché fare una vacanza che non sia a due, o al massimo a multipli di due (quindi più coppie), è il simbolo di una cosa che per me è tanto importante quanto praticamente impossibile da raggiungere una volta passati i 28-30 anni: una vita relazionale espansiva oltre i ruoli tradizionali, in cui la progettualità a breve, medio e lungo termine non è appannaggio di un nucleo a 2 (più eventuali figliu e cani) legato romanticamente.
Questa cosa la approfondisco un attimo perché di recente sono riuscita, se non a darle un nome definitivo, almeno dei confini un po' più chiari, e secondo me è una storia bella.
Ho sempre saputo di non volere una famiglia tradizionale, non solo perché sotto sotto mi era già chiaro che non avrei voluto figliu, ma anche perché mi sono sempre sentita a disagio perfino con l'idea di coppia, punto. Non è paura di impegnarsi, ora l'ho capito, quanto piuttosto una spinta verso una "direzione di impegno" diversa. Sono sempre stata una romantica, ma in maniera completamente diversa da tutte le persone che avevo intorno, in particolare da tutte le mie amiche. Loro trovavano un ragazzo e speravano di restarci insieme per sempre, io anelavo (sì uso proprio questo verbo) il desiderio, un desiderio che non era sessuale ma appunto romantico, un'esperienza intensa ed elettrizzante che immaginavo però effimera, e che non aveva nulla a che vedere con la progettualità verso cui loro già si stavano muovendo consapevolmente.
L'inizio della mia prima relazione romantica vera e propria ha coinciso con un grosso momento di straniamento e un potentissimo episodio depressivo, forse il più forte fino a ora. Solo adesso che ho nuovi strumenti per l'analisi di me stessa e del mondo ho capito che non è stato né un caso né responsabilità della "persona sbagliata", quanto il probabile risultato di una dolorosa perdita di potere su me stessa: nel momento in cui quella storia si è trasformata da "esperienza intensa, elettrizzante ed effimera" in "nuovo status: persona in coppia", il mio orizzonte è stato limitato da un recinto che non avevo piantato io. Ci ero entrata di mia spontanea volontà nel giardino, eh, però non avevo capito che qualcuno avrebbe chiuso il cancello dietro di me.
Per tanti anni mi sono convinta contemporaneamente di due cose opposte: 1) se stai male dentro un così bel giardino è perché hai qualcosa che non va e 2) forse però 'sto giardino non è granché e dovresti trovarne un altro, di sicuro quello giusto ti piacerebbe di più. Rimbalzavo tra queste due idee continuamente, e anche quando mi sembrava di essere riuscita a forza a uscire dal recinto in realtà ce n'era uno molto più grande oltre la staccionata, che non ero in grado di saltare da sola. Prima che questa metafora mi sfugga di mano (anche se forse ormai lo ha già fatto), lo dico chiaro e tondo: il recinto non era la mia relazione ma era, è, l'amatonormatività.
come si può vedere: io che non mi butto proprio sotto la cascata amatonormativa, la guardo e basta, ma gli schizzi mi colpiscono lo stesso perché che ci vuoi fare
Cercherò di nuovo di tagliare corto, ché continuo a divagare; qualche settimana fa stavo leggendo Loveless, di Alice Oseman, e a un certo punto un personaggio dice a un altro che lo ama - sono due amiche - ma non romanticamente, è qualcosa di diverso: lei vuole che l'altra persona ci sia sempre per lei, ma non così per dire, non in posizione subordinata; vuole abitare nella casa accanto e abbattere le staccionate divisorie (giuro che non l'avevo preparata questa cosa del recinto, me ne sto accorgendo adesso, forse era destino), prendere un cane insieme che possa giocare in questo unico giardino enorme e cenare insieme praticamente tutte le sere.
Leggendo quello scambio ho iniziato a singhiozzare, non riuscivo a fermarmi. Non potevo credere che un'altra persona, una persona che non ero io, avesse messo per iscritto in maniera così dettagliata un mio desiderio purissimo, un desiderio che non avevo mai voluto guardare in faccia perché faceva troppa paura. Io volevo quello, proprio quello: essere amata e amare così, fare progetti di vita e abbattere staccionate insieme allu miu amicu. La coppia mi è sempre stata stretta non perché limita il campo della connessione romantica, ma perché fagocita soprattutto quello che romantico non è, si prende tutta la progettualità, la condivisione...l'orizzonte. E si prende anche le tue vacanze: lu amicu programmano le ferie in base a quelle del partner, di certo non in base alle tue; i soldi si mettono da parte in coppia, non in gruppo; si negozia in due, non in 5, 7 o anche solo 3. Al massimo, come dicevo prima, per multipli di 2.
E non è solo una questione di volontà, quanto piuttosto di struttura: come sono costruite le nostre case, i nostri alberghi, come sono pensati i pacchetti vacanza e i pacchetti...vita. Io questa cosa non la volevo guardare in faccia perché significa essere consapevole che vivi in un mondo che non è fatto per te e che è popolato da persone che non vogliono quello che vuoi tu. Che anche solo pensare che è questo ciò che vuoi è un piccolo tradimento della scelta romantica che hai fatto, delle basi che hai costruito. A me fa paura e fa anche incazzare, molto più di tutto quello che concerne la mia identità sessuale e affettiva.
all coppie are bastards
Dicevamo: la vacanza. Poter finalmente farne una che rompesse in qualche modo questi schemi mi ha riempita di gioia. A tratti mi sono anche detta che forse era una gioia performativa, perché stavo cercando di dimostrare qualcosa a me stessa. Forse è così, in effetti. Ma penso anche che ogni percorso di liberazione abbia una fase auto-performativa all'inizio, e probabilmente è giusto così.
Poi, seghe mentali a parte, è stata proprio una settimana godibile: fresco, a tratti anche freddo, montagne e boschi, zuppe di legumi e patate del contadino, scavallamenti illegali di confine con la Francia e perfino una vasca idromassaggio. Paradisiaco.
Purtroppo non si può dire lo stesso della seconda settimana, che è iniziata malissimo, ovvero con una sonora fregatura abitativa che mi ha costretta a 1) cedere a un attacco di ansia 2) litigare per un rimborso 3) tornare a Milano 4) cercare in fretta e furia un altro posto, di nuovo in montagna... che per fortuna, alla fine, si è rivelato bellissimo. Non sto qui a raccontarvi tutto il resto, da Mushu che rischia di cadere da un crepaccio sul Monte Rosa (ok che sei un cane esploratore ma anche MENO, grazie) ai suoi momenti di giubilo mentre si rotola nella cacca di mucca, ma aggiungo solo che ancora una volta il mio rapporto con i viaggi si modifica, evolve.
Non mi va più di viaggiare per il gusto dell'atto in sé, di vedere posti nella modalità mordi e fuggi che mi ha spinta nel 2018 a passare 2 settimane tra Croazia, Bosnia e Slovenia cambiando alloggio quasi ogni giorno. Non solo non ne ho più le forze, ma soprattutto l'interesse. Ho bisogno di un certo livello di confort, che nel mio caso non ha a che vedere con il lusso ma con il senso di sicurezza che un posto riesce a darmi. Non riesco a stare in spazi che percepisco come opprimenti, devono rimandarmi un senso di casa, di cura. Non era l'ostello in quanto tale che mi faceva stare male, quando ero a Dubrovnik: era il fatto che fosse particolarmente "volgare", nel senso di squallido e impersonale, "sudato". Anche la corsa all'attrazione turistica è volgare, spenta, povera. Non so se viaggiare da turista smetterà mai di essere una pratica in qualche modo coloniale, ma almeno posso essere più presente a me stessa, ciò che faccio e il posto che incontro.
Sul fatto che, ovviamente, ho iniziato a sognare case con staccionate divelte in mezzo ai boschi magari ci torno un'altra volta, anche se Google ha capito tutto e mi ha immediatamente proposto articoli come questo:
Per non tediarvi troppo vi lascio solo con una piccola curiosità: in una specie di angolo book crossing in un paesino di 30 case ho trovato un libro che non sono riuscita a lasciare lì. Non avevo un altro libro con me e così ho abbandonato lì il mio pop it, certa che qualche bambinu del posto avrebbe potuto apprezzarlo. Mi sento comunque in colpa e penso che lo consegnerò al book crossing sotto casa senza ovviamente prendere niente in cambio. Spero non mi giudichiate troppo male. Anyway, si chiama Sesso amaro. Trentamila donne rispondono su maternità sessualità aborto, è dell’Unione Donne in Italia ed è uscito nel 1977, poco prima dell'approvazione della 194.
Dentro ci sono un sacco di testimonianze, alcune da trigger warning ante litteram, in cui cose brutte non si chiamano col loro nome ma molto evidentemente lo sono. Ci ho trovato anche alcune riflessioni su quella che oggi chiameremmo sex positivity che mi sono parse perfino innovative, da un punto di vista asessuale. Forse era più l'effetto di un approccio domestico-radicale (mio personale neologismo) al femminismo, ma penso che ci sia una piccola lezione da imparare in tutto questo: gli spunti per discutere possono arrivare dagli spazi più inaspettati. Come i libri sulla libertà sessuale.
Adesso vi saluto davvero :) Non sono ancora tornata su Instagram, anche se in teoria l'account non è più disattivato. Al momento non ho voglia di tornarci, devo essere sincera. Si sta così bene qui... ancora un po', ok? Se vi va di chiacchierare, comunque, potete rispondere a questa mail.
Ciao! Fra